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Il Luogo è il Messaggio

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Nel 1964 Marshall McLuhan – di cui abbiamo già parlato nel post su Apple e la sua magia – portò avanti una teoria rivoluzionaria, disse che nella società di massa “il medium è il messaggio” cambiando così il modo di vedere e analizzare televisione, radio e giornali.

Cosa significa “il medium è il messaggio”?

Interpretazione personale: Ancora oggi, l'atto di comunicare è retto - trova modo di rispecchiarsi – nella teoria della comunicazione linguistica di Roman Jacobson. La quale, in parole povere, si riasume  così: per comunicare c'è bisogno di un mittente che invii un messaggio ad un destinatario.

Lo stesso vale, in parte, per i mezzi di comunicazione di massa. Prendiamo per esempio la Tv e la Radio, troviamo la stessa catena:

Emittente → mezzo → messaggio

Emittente televisiva o radiofonica che utilizza un mezzo o un canale (onde, cavi, televisione), ed invia un messaggio.

Cosa succede però quando questi mezzi iniziano a modificare il comportamento della popolazione?
Fortunatamente sembra che i nazisti non siano arrivati a porsi questa domanda, usavano i primi prototipi di TV senza scopi complessi. Ovvero, facevano propaganda per generare consenso e basta.

Come risposta, McLuhan afferma che la radio e la televisione sono anestetiche. Nel vero senso della parola, ossia An-Estetico: perdita dei sensi o abolizione della sensibilità. Perché? Poiché semplicemente è un mezzo poco interattivo. Costringe allo spettatore a restare tale e basta, non è dialogico. Il che significa, in senso stretto, che chi guarda la tv si limita a guardarla e a non fare niente, anche perché non può interagirci. Inoltre la televisione, come diceva Pasolini, si antepone a priori in un gradino gerarchico al di sopra lo spettatore, e la comunicazione avviene dall'alto verso il basso.


Ecco che a questo punto, il messaggio, ossia il contenuto di quel che invia il mittente, perde importanza, e la vera notizia diventa la stessa televisione, lo schermo spara informazioni ma non c'è una reazione ben precisa.

Tiempos modernos

Il concetto di Web non è così moderno come sembra, Internet era già stato teorizzato anni prima dalla sua comparsa da scrittori come Jorge Luis Borges e Issac Assimov.

Asimov, come potete vedere in questo video, parla di cataloghi di pagine e macchine che possano essere utilizzate per consultare qualunque cosa vogliamo cercare, e cosi avere accesso ad una informazione fuori dal comune. Stesso concetto che Borges aveva anche scritto nella sua Biblioteca di Babele, ma al contrario di Assimov lo scrittore argentino andò più lontano. Nel racconto “El Aleph” Borges parla di un punto che è allo stesso tempo tutti i punti, un luogo eterno e dunque un posto in cui il tempo non passa e tutto ciò che è rimane, può essere consultato, rivisto, riletto.

In tutti e due manca un fattore, l'interattività. Fattore che, in fondo, segna il passaggio dal Web originario al Web 2.0.

Web 2.0 = interattività

A differenza della televisione, radio e giornali, internet permette ai suoi utenti di interagire, di fare cose tra di loro. Tutto ciò incrementa opinioni, pareri, diversità. E la diversità è sempre un bene, arricchisce le relazioni e i pensieri.

Abbiamo però constatato che internet non è libero (miti da sfatare: internet è libero?) e neppure del tutto democratico. Non è tutto rose e fiori, ma va detto che se lo si compara con la tv e la radio, il Web ci permette di metterci alla pari e non più un grandino sopra o sotto. Quello che sosteneva Pasolini riguardo ai mezzi di massa in questo caso non è valido, ma non tanto perché Pasolini si fosse sbagliato, se non altro perché Internet non è semplicemente un mezzo, Internet è anche un Luogo.

la domanda che mi sorge a questo punto è la seguente: che succede con la teoria di McLuhan? A mio parere la teoria resta valida. Basta adattarla ai giorni d'oggi :)

Il luogo è il messaggio

Innanzitutto, quando la quantità di “messaggi” è tanta, questi vengono duplicati, riprodotti, retwittati e inviati in tanti modi diversi che si arriva ad una overdose di informazione. Il messaggio viene eclissato, il significato assieme al contenuto perdono importanza, anzi: rilevanza. Questo meccanismo raggiunge la sua apoteosi nei Social Network.

I social network sono l'espressione massima di luoghi virtuali, ma essi comportano un fattore anestetico, pur essendo interattivi, pur dando più spazio alle opinioni e le differenze, non basta con twittare due o tre volte per fermare una guerra. Oltretutto, la teoria di McLuhan resta valida perché la quantità continua a superare la rilevanza del messaggio. Ovvero, se io pubblico una foto su facebook, e questa riceve dei commenti, sembra che non sia tanto importante cosa dicano i commenti, ma il fatto che abbia N numero di commenti.

Basta guardare l'esempio di alfabeta2, in cui al terzo paragrafo ci illustra questi meccanismi in modo molto chiaro: Dopo 13 mila commenti su un singolo post, il blog di Grillo diventa un luogo che trasmette un messaggio da solo “ho raccolto 13 mila commenti, sono più leader di te”.

(A tutto questo, aggiungiamo pure che c'è chi in questi giorni crede alla “rete” al “popolo della rete” e gli attribuisce poteri e potenziali benefici. Ci risiamo, tra poco vorranno ancora postulare Internet per il premio Nobel per la pace. Idea più perbenista e occidentale non poteva esistere. Come dicono i ragazzi di Bile: “la rivoluzione non si fa con un tweet, si fa impugnando un cazzo di AK-47. Sì, quello di Call of Duty”)

Ma cosa comporta dire che il luogo è diventato il messaggio? Che forse Internet può essere utilizzato come vengono utilizzati tv e giornali. Per darci uno spettacolo, per riaffermare il consenso del leader e tenerci incollati alla sedia. Vi do un indizio curioso, cercate su Google "Casaleggio Grillo" e poi ditemi se il potere della rete è così spontaneo.

Soluzioni? Non lo so. Sta a noi capire quando ci troviamo in un luogo di condivisione, aperto e stimolante, e quando invece è tutto il contrario. I blog non sono morti, Facebook non li ucciderà, perciò ridiamo peso e significato alle parole e a quel che scriviamo. Soffermiamoci sulla qualità dei contenuti, così da non finire tra l'overdose di informazione inutile che la rete trascina con sé.



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